lunedì 10 giugno 2013

Tremonti porta Glass-Steagall alla Camera dei Deputati

Mentre altri si affannano in sede Ue a escogitare misure anti-spread, pur sempre di corto respiro, in Italia con atti ufficiali lo scorso 18 maggio 2012 Giulio Tremonti ha depositato alla Camera dei Deputati la Proposta di legge Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento bancario mediante la separazione tra credito produttivo e attività finanziaria speculativa.
Vi presentiamo il testo nella sua interezza, per chi preferisce ecco il testo della Proposta di legge Glass-Steagall da scaricare, stampare e leggere comodamente.
E così, nei giorni in cui la grande stampa internazionale rilancia su Glass-Steagall, Robert Reich dal sito dell’Huffington Post ribadisce la richiesta di Glass-Steagall e ci interroga tutti sul punto centrale: gli sviluppi dello scandalo Libor – che coinvolge Barclays, si parla di almeno altri 20 grandi gruppi bancari – forniranno le munizioni e l’energia sufficiente all’opinione pubblica per spingere al ripristino della Legge Glass-Steagall così da spezzare i grandi gruppi bancari per ridimensionarli?
Da qualche settimana non passa giorno che qualche quotidiano non ne scriva anche qui in Italia, è stato il Corriere della Sera nei giorni scorsi ed è Repubblica quest’oggi. Il nuovo gioco adesso sembra diventato un altro: chi è che non ne parla? E perchè non ne parla?
Deputati e Senatori avranno il loro bel daffare nell’evitare di spendersi pubblicamente in proposito.
NoBigBanks intende mobilitare l’opinione pubblica, informando e spiegando, in modo semplice e chiaro.
In sintesi, prima di proporvi il testo di Tremonti, si può dire che non è più tempo di soluzioni morbide: il ring-fencing della Commissione Vickers in cui le funzioni commerciali e d’investimento coesisterebbero da separati in casa, non può bastare. Potremmo dire allora che con il ring fencing della Commissione Vickers si vive da separati in casa, ma non può funzionare.
Con Glass-Steagall si fa il divorzio, e si vive meglio tutti.
Leggetelo, sono le cose che scriviamo da tempo.
E ancora una volta, prestate attenzione alle proposte, non lasciamoci fuorviare dai formalismi sul chi propone che cosa.

* * *
ONOREVOLI COLLEGHI ! — Due secoli fa è stato detto: «Sinceramente sono convinto che le potenze bancarie siano più pericolose che eserciti in campo» (Thomas Jefferson, 1816). Oggi è più o meno così ed è per questo che è arrivato il tempo di mettere lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. Il tempo per fissare un limite allo strapotere del capitalismo finanziario. Farlo, finalmente, vuole dire porre fine a un ciclo ventennale di prevalenza contro natura dell’interesse particolare sull’interesse generale, vuol dire «cacciare i mercanti dal tempio», vincere la malia di potere ancora esercitata dai santoni del denaro.
Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo. Vuole dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione. Vuole dire separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», separare il produttivo dallo speculativo, come è stato per secoli. Vuole dire, tra l’altro, cominciare a difendere e stabilizzare i bilanci pubblici. Nell’insieme dare avvio a un sistema economico e sociale diverso, non solo più etico, ma anche più efficace di quel sistema monetarista che sta ora crollando e che purtroppo ci sta trascinando, se non facciamo resistenza, se non reagiamo, se non cambiamo.
Quando la crisi del 1929 esce dal recinto di Wall Street ed entra nella vita delle famiglie, causando disoccupazione e disperazione (si leggano «Uomini e topi» e «Furore» di Steinbeck), allora il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America (USA) F.D. Roosevelt, nella prima delle «conversazioni al caminetto», parla di attività bancarie condotte da banchieri «incompetenti e disonesti» che utilizzavano «fondi della gente» per «la speculazione e per prestiti non saggi» e conclude che è venuto il momento «per sistemare questa situazione e farlo il prima possibile».
È così che nasce il Glass-Steagall Act, basato sul principio di separazione della banca produttiva o essenziale, la banca che usa i risparmi raccolti solo per finanziare l’attività produttiva, vietando a questo tipo di banca l’attività speculativa. Principio che è poi stato disastrosamente abrogato prima, nel 1999, negli USA, poi, negli anni successivi, in Europa e nel resto del mondo.
Di recente il Governatore della Banca d’Inghilterra, in una conferenza organizzata dalla British Broadcasting corporation (BBC), ha dichiarato: «non costruiamo centrali nucleari vicino ad aree densamente popolate e quindi non dobbiamo consentire che l’attività essenziale di una banca e gli investimenti a rischio vengano condotti nella stessa banca “troppo grande per fallire”. La separazione è essenziale per rendere più sicura la nostra economia». E oggi, si aggiunge, per evitare che i rischi di esplosione che si verificano in una banca che è troppo grande per fallire siano pagati per salvarla dai risparmiatori o dai contribuenti, in un sistema che privatizza i profitti e che socializza le perdite speculative.
È dunque arrivato il tempo per riequilibrare il potere tra la finanza e gli Stati, tra la finanza, costituita nei suoi interessi, e la politica, deputata a rappresentare l’interesse generale della collettività. Anche nella peggiore delle ipotesi che si possono fare sulla politica è infatti sempre vero che, per quanto sia o possa sembrare discutibile, una politica discutibile è comunque meglio di una finanza invincibile. È stato del resto detto che la democrazia può essere il peggiore dei sistemi, ma non se ne conoscono di migliori (Winston Churchill). Ebbene, neppure l’autocrazia finanziaria è migliore della democrazia.
La casistica che oggi ci si presenta sullo scenario finanziario e bancario è davvero molto differenziata, tanto a livello nazionale quanto a livello europeo. E non solo.
Non c’è dunque un intervento unico da progettare, uno strumento unico da applicare, ma c’è comunque una logica politica comune da mettere alla base di ogni necessario intervento.
In alcuni casi si tratta di rendere meno sistemiche, o non sistemiche, le banche che ancora sono o si dicono sistemiche: ridurle di dimensione, scinderle, depotenziarle perché è arrivato il tempo della separazione tra attività produttiva ed attività speculativa. Il tempo della separazione tra le banche che raccolgono risparmi e capitali e li investono a proprio rischio nelle grandi industrie, nelle piccole imprese, per le famiglie, per le comunità, per i giovani e le banche che giocano d’azzardo, privatizzano le vincite, socializzano le perdite così, tra l’altro, producendo un risultato opposto a quello di ogni pur discutibile forma di efficienza capitalistica. Le banche devono dunque tornare a essere, e a essere considerate e trattate, come infrastrutture al servizio dell’economia e della società e non viceversa. In altri casi, infine, le banche devono essere nazionalizzate, prima che il loro dissesto lo renda poi necessario, magari ancora a spese della collettività.
Prima, si ripete, si deve separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», il bene dal male, aprire o fare aprire i libri contabili, imporre l’accertamento volontario o coattivo di quanto dell’uno e di quanto dell’altro c’è in ogni banca e più in generale, in ogni grande operatore finanziario. In specie, gli attivi e i passivi sani devono essere separati da quelli tossici, che vanno segregati. Le tecniche applicabili per operare la segregazione sono diverse, insieme antichissime e modernissime: dal sabbatico alla moratoria, alla bad bank. Ma è chiaro in ogni caso che l’enorme massa finanziaria tossica, che è ancora in essere nel cosiddetto «sistema», deve essere scadenzata su periodi i più lunghi possibile e accollata agli speculatori o cancellata.
Chi ha giocato d’azzardo non può impunemente alzarsi dal tavolo da gioco per farvi sedere qualcun altro a pagare per la sua perdita: è a chi ha perso la sua scommessa che si deve imporre di pagare.
Si deve interrompere l’infezione che ha origine nella finanza e che, senza controllo, si sta propagando fuori da questa.
Molti soggetti, molti segmenti, molti blocchi bancari e finanziari devono essere avviati verso ordinate procedure fallimentari. Ad esempio, verso procedure regolate sul modello del Chapter 11 degli USA. Non si può infatti pretendere di salvare tutto, soprattutto quando l’esperienza insegna che, tentando di salvare tutto, alla fine si finisce per salvare il peggio.
Al tempo del New Deal, a partire dal 1933, prima furono introdotte nuove regole e fu riorganizzato il sistema bancario e finanziario, isolandolo dall’attività parassitaria, poi il denaro pubblico fu usato per investimenti pubblici, per infrastrutture, per salvare le famiglie e le industrie. Per inciso, va comunque ricordato che solo il salvataggio dell’apparato industriale americano, così operato, consentì di battere il nazismo.
A partire dal 2008, è stato invece fatto l’opposto: il denaro pubblico è stato prevalentemente usato per salvare le banche e i banchieri; non sono state fatte nuove regole (anzi); non c’è stato alcun serio, vasto progetto di investimento pubblico per l’economia industriale, fisica e manifatturiera, per le infrastrutture.
Ciò che ora va prioritariamente e assolutamente fatto è invece primum vivere.
Abbandonare il modello della cosiddetta «banca universale», che è poi il «DNA» della banca sistemica, base di partenza della megabanca globale fallimentare. Per farlo è necessario introdurre una versione aggiornata della legge Glass-Steagall del 1933.
In sintesi, ora come allora è necessario erigere una barriera antincendio, un firewall, distinguere tra banche ordinarie e banche d’azzardo, in modo che le banche ordinarie non possano più prestare i soldi dei correntisti alle banche d’azzardo o comprarne i prodotti strutturati. Una distinzione che deve e che può essere fatta istantaneamente, abrogando le leggi nuove, introdotte più o meno dappertutto negli anni Novanta, e tornando alle vecchie leggi degli anni trenta.
È proprio questo che va fatto. È vero che si possono fare enormi profitti usando per la speculazione i soldi depositati in banca dai correntisti ordinari, ma è proprio questo che va impedito. I soldi dei correntisti ordinari, prima, e dei contribuenti, dopo, non devono infatti più essere soggetti a questo tipo di rischio. Un rischio che ora si sta estendendo ai bilanci pubblici e che da qui, salendo per la scala della crisi, si sta estendendo al benessere e alla vita dei popoli.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
(Finalità e delega al Governo).
1. Finalità della presente legge è la riforma dell’ordinamento bancario mediante la separazione tra l’attività delle banche produttive e l’attività delle banche speculative, definitive ai sensi del comma 2.
2. Per banche produttive si intendono le banche che esercitano l’attività di credito nei confronti delle imprese, dei lavoratori, delle famiglie e delle comunità. Per banche speculative si intendono le banche che investono nel mercato finanziario. Tali attività non possono essere esercitate dalla stessa banca.
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per la separazione tra le banche produttive e le banche speculative.
ART. 2.
(Princìpi e criteri direttivi).
1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 3, si basano sui seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere, per le banche produttive, il divieto i detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con i seguenti soggetti: banche d’affari, banche d’investimento, società di intermediazione mobiliare e, in generale, tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico;
b) prevedere, per le banche produttive, il divieto di operare in condizioni di disequilibrio delle scadenze delle attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie e, in particolare, per le banche che effettuano la raccolta dei depositi a breve termine, il divieto di erogare finanziamenti a medio o a lungo termine;
c) stabilire, per le banche produttive, la percentuale di operazioni ammessa nel mercato finanziario;
d) prevedere il divieto di ricoprire cariche direttive e di detenere posizioni di controllo nelle banche produttive, da parte dei rappresentanti, dei direttori, dei soci di riferimento e degli impiegati delle banche d’affari, dalle banche d’investimento, delle società di intermediazione mobiliare e in generale, di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico.
ART. 3.
(Pareri delle Commissioni parlamentari competenti).
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 3, sono trasmessi alle Camere entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega di cui al medesimo articolo 1, comma 3, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro quaranta giorni dalla data dell’assegnazione.
ART. 4.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
***
Salviamo la Gente. Riformiamo le Banche. Processiamo i Banchieri. Ristabiliamo la Legge Bancaria del 1936 abolita nel 1993.

Tratto da:  http://nobigbanks.it/2012/07/10/tremonti-porta-glass-steagall-alla-camera-dei-deputati/
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